Bozza di manifesto
Nel 1988, dopo anni di ricerche condotte con centinaia di collaboratori, intellettuali e non, che si interrogarono in profondità sul senso del comunicare e sulle sue implicazioni sociali, politiche e umane, viene pubblicata la Bozza di manifesto “Dal trasmettere al comunicare” (giunta oggi alla sesta edizione, contenuta nel libro “Comunicare, legge della vita”). Vengono denunciati i danni derivanti in ogni ambito da rapporti continuativamente unidirezionali, trasmissivi, violenti e si propone l’alternativa della comunicazione, della maieutica reciproca, della nonviolenza; si fa luce su una serie di frequenti (e tutt’altro che disinteressate) confusioni: tra potere e dominio, per esempio, o riguardo alla cosiddetta comunicazione di massa (che, come dimostra Danilo, «non esiste»); si giunge a osservare come qualsiasi forma di autentico progresso e l’evoluzione intera non possano prescindere dall’esistenza di interazioni creative opportunamente valorizzate.
DECIDIAMO RASSEGNARCI AL SUICIDIO?
Notevoli opportunità di resistere, scegliere e inventare vengono evase da chi poi si lamenta vittima: il conformismo gregario deriva, dovremmo ormai sapere, tanto dalla mancanza di auttodeterminazione come dalla paura.
Mentre studiamo di regolare interazioni bi e pluriunivoche proviamo intendere le interazioni globali (concepire la cultura dell’ambiente, la struttura ecologica, il sistema della biosfera), non confondendo la capacità di incontrarsi a concepire puntuali programmi di liberazione e la logorrea predicatoria, l’epidemia delle trasmissioni, come sovente avviene.
I dipendenti delle vaste fabbriche (non esclusa la scuola), estaniati dalle finalità e dall’insieme dei progetti, risultano sempre più invischiati, pilotati dalle circoscritta “istruzioni ” delle minoranze dominanti che riescono a fingersi legali maggioranze.
Nella selva mercantile il consumo acritico potenzia i produttori-padrone, sovente potenzia i virus del dominio.
L’inaudita complessità dei problemi in un mondo che si dibatte tra la morte ed una nuova vita, richiede analisi e intuizioni approfondite per le quali ognuno può arrecare il suo apporto personale.
Non è possibile comunicare senza impegno sincero, nonviolento, creativo, mentre d’altronde lo sviluppo della creatività richiede effettiva capacità di comunicare, connettere.
Il comunicare autentico (difficile e raro esito di attenta reciprocità, non soltanto vicenda di simboli e parola) rinforza i sistemi immunitari della vita terrestre, ci libera dalle nostre parassitosi e si concreta in economia indispensabile alla crescita civile: nel comunicare la probabilità dell’informazione-fecondazione si amplia potenziandosi e verificandosi complessivamente.
La crescita delle creature dipende dalla quantità dei loro rapporti pluridirezionalmente connettivi: mentre il sincero, l’integro, può comunicare, il virus e l’inganno trasmettono inquinando.
Per lo smascheramento del sistema di dominio non si può generalmente contare sull’aiuto dei cosiddetti “mass media “, espressione unidirezionale di una deformante cultura (le fonti che si dichiarano libere potranno quindi trovare un pubblico banco di prova della loro effettiva autonomia): tendono a trasmettere televisivamente finanche corsi universitari e messe (che dovrebbero consistere in spazi di ricerca e iniziativa comunitaria), a ridurre a spettacolo sia lo sport che l’evento religioso, snaturando la Festa che degenera nel massificante teleassorbire.
Spettacolo elettronici, pilotati da esperti in confezioni di immagini vincenti, più è più sostituiscono l’effettivo approfondimento del radicato dibattito politico, e avezzano a dipendere dal dominante.
Chi gradisce rumori e fetori, e cerca evadere disperato, ferisce attorno nel suicidarsi: mentre il respiro vivo non vuole corrompersi, ferirsi, non si lascia disfare e comperare, non vuole padroni, cerca il cooperare di chi vuole vivere compiutamente.
Le istituzioni-laiche o non- che si presumono monopolio della verità, in ogni tempo – nei secoli passati e nel futuro-cercano impedire la crescita autentica delle persone, dei gruppi, dei popoli.
Occorre appellarsi a chi più avverte l’immensa portata di questa problematica per la vita del mondo, a tutti coloro cui non sfuggono gli intimi nessi tra la valorizzazione delle intime risorse inesplorate, e la pace -o tra sfruttamento e violenza-, soprattutto a chi nei più diversi contesti esercita una pur varia funzione educativa.
Per scoprire ed esprimere i dirompenti segreti del comunicare occorre che germinino ovunque i suoi laboratori, consolidandosi in comuni fronti.
Invitiamo ciascuno, dovunque possibile, a:
- promuovere, soprattutto con i giovani, iniziative in cui ognuno possa esprimersi (tra loro e con chi li può aiutare a trovarsi, identificarsi) per riconoscere i propri bisogni concreti; promuovere emancipanti ultime iniziative che rendano possibili valutazioni cooperative;
- organizzare seminari e corsi affinché si formino, in ogni ambito e a ogni livello, esperti di come possiamo crescere in gruppi che favoriscano la creatività personale e collettiva sostituendo all’autorità direzionale strutture di strutture creaturali dall’intimo, sapendo che crescere in/con una struttura comunitaria nelle sue infinite variazioni è necessario, anche se non facile;
- trovare i modi per sperimentare, in ogni ambiente e a ogni livello, quali metodologie possano risultare più efficaci affinché ognuno si interroghi: fino qual punto siamo impediti a costruire civiche strutture comunicanti, e fino quale punto, presi da miopi bisticci, non siamo capaci di concepirle e realizzarle? Il parassitismo non attecchisce più facilmente ove le creature non sanno cresce in sana autonomia?
- identificare le aree ove già si sperimentano strutture comunicative, studiarle, e inventare opportune strategie per ampliare confronti e iniziative;
- favorire la scoperta dei propri autentici interessi, abbandonando anacronistici ordinamenti e comportamenti inerziali (con quali leve?): mentre è l’incoerente fatica disfa le creature, il vero lavoro ne potenzia l’intima natura;
- avviare, con popolazioni che oggi si trovano ai margini delle zone ove più immediato e l’urto morbidamente vorticoso dell’industrialismo, processi di autoanalisi attenti a scoprire e valorizzare la propria genuina potenzialità, evitando di riguardare le proprie condizioni nell’ottica del complesso di inferiorità verso modelli estranei, deformanti (apparenti svantaggi possono risultare inestimabili risorse): iniziando dall’analizzare con appositi gruppi, pur di esperti, come possono essere sanate, attraverso specifici interventi, le piaghe della disoccupazione;
- provocare analisi, confronti e verifiche su certi eventi emblematici (l’ammassarsi di centinaia di migliaia di fans, ad esempio, negli stadi; la vacuità di vari “successi” ecc.), costruendo al contempo esperienze – ed operando in modi -che educhino ognuno ad organizzarsi, valutare, scegliere, controllare, ed imparare a sperare senza illudersi;
- contro la moda che inflazione svuotando il termine “creatività”, suscitare iniziative specifiche, processi di ricerca-azione-riflessione per identificare quali siano le condizioni per uno sviluppo di strutture che favoriscano il concretamento dell’intelligenza, la creatività personale e di gruppo, compresa la capacità di scegliere, decidere, annunciare, agire: ove è possibile avvalersi di iniziative esistenti (scolastiche, culturali, pacifiste, ecologiche, religiose, sindacali, cooperative, autenticamente politiche)?; dove occorre inventare le strutture del rispetto reciproco?;
- suscitare autoanalisi coi giovani: come vivono, con quali prospettive, soprattutto negli inurbamenti più fittamente ingabbianti? Quali le cause dei mali? Come disinnescare le diverse forme del dominio? I giovani non vengono forse intossicati da forzature strumentalizzanti ed emarginazioni, prima che dalle droghe? Mentre chi vuole imporsi tende ad aggregare, come può la gente via via apprendere, comunicando, a disinfestarsi da ogni genere di parassitosi?
- ovunque la gente senza speranza rischia fuggire dai suoi problemi e dalla sua terra per ammassarsi, sradicata, in omili antieconomici in ogni senso, cercare di promuovere iniziative, anche internazionali e intercontinentali, escludenti dai rapporti di dominio (lavorare insieme tra diversi e occasione di conoscersi e arricchirsi reciprocamente) per individuare dalla base come valorizzarsi valorizzando al contempo il territorio indigeno e le metodologie più avanzate di ricerca e pianificazione organica, formando via via con gli adeguati organismi i necessari esperti: i governi che socchiudono le frontiere alla gente in fuga dai paesi più poveri, generalmente lo fanno per mantenere basso il salario minimo, a vantaggio dei più ricchi, e per acquistare chi è più disponibile alle prestazioni più ripugnanti -mentre tentano arroccare nei paesi più poveri le industrie transnazionali inquinanti che altrove i più avvertiti rifiutano;
- più e più le distanze si raccorciano, chiarire in ogni ambito come la necessità che l’Onu possa attendere a risolvere i problemi internazionali divenga, anche con nuovi esperti, organismo concreto: in modo che le Nazioni Unite possano effettivamente concretare il comunicante governo del mondo verso la pace.
“Combattere per la gente” non basta; non riesce l’avanguardia, pur se generosa, “dei condottieri di massa” a liberare il mondo. Falso mito è divenire “bandiera che insegni le masse a seguire e odiare”, come Gramsci aveva preannunziato.
Non ” la violenza è la levatrice”, anche se “meglio di scappare è sparare” come Gandhi ha affermato, aggiungendo: “ma meglio di sparare è promuovere conflitti che siano più perfetti, più efficaci dello sparare”. Per disfare i sistemi clientelari-mafiosi pur a livelli continentali, non bastano fucili bombe spie.
Come è possibile valorizzare, liberando le infinite energie di un pianeta in cui ancora vengono parassitati interi continenti dall’esterno sistematicamente -come avviene ancora in Sud America-, finchè da luogo a luogo non riusciamo a scoprire gli interessi della gente con la gente medesima?
Rivoluzione autentica non è mobilitare processi maieutici in cui cresca, dall’organizzazione, la forza necessaria per cambiare? Il potenziale del comunicanre maieutico è soltanto al suo inizio, in scala planetaria è da scoprire: contro ogni preteso monopolio annunzia la responsabilità di una nuova rivoluzione, immensa., per ogni prossima generazione. La fissità dell’ammaestramento unidirezionale, screpolata da secoli, comincia a vacillare. Guardare il mondo tenendo presente le possibilità della struttura maieutica, e un po’ come il vedere di Galileo al nuovo telescopio.
Ancora non sappiamo esattamente come sia comparsa la prima cellula, le condizioni ottimali di vita, come si siano formati il mutualismo, la coevoluzione ed il ricambio, l’organizzarsi del memorizzare e del coscientizzarsi: nel profondo ci è ignota la natura della vita.
Ma dell’albero della vita -i cui rami non potenziati rinseccano-iniziamo a intendere qualche aspetto.
Profumando di miele, nell’autunno tra muro e muro a Modica sì incandidano campagne pullulanti di erbette cardellina
Le angiosperme hanno avuto più tempo di noi per inventare e strutturare l’enorme loro nuova economia; così le infiorescenze vegetali: per noi apprendere a comunicare è più lento, ancora più complesso.
Quanto è difficile non è impossibile. Ogni creatura ha una notevole capacità di autorigenerarsi.
Danilo Dolci