Il 2 febbraio del 1956 Danilo Dolci veniva arrestato mentre guidava un gruppo di braccianti a lavorare nella Trazzera vecchia, una strada nei pressi di Partinico abbandonata all’incuria. Al commissario di polizia che era intervenuto per interrompere quello Sciopero alla rovescia, come venne chiamato, Dolci rispose che il lavoro non è solo un diritto, ma per l’articolo 4 della Costituzione un dovere. L’accusa era di occupazione di suolo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale, e a Dolci e ai suoi collaboratori venne negata la libertà provvisoria.
L’opinione pubblica si mobilitò allora contro la polizia e il governo Tambroni, deputati e senatori intervennero con interrogazioni parlamentari, le voci più influenti del Paese si schierarono a fianco di Dolci, difeso in tribunale da Piero Calamandrei, autore di un’arringa memorabile: alla sbarra non c’erano solo i manifestanti, ma la Costituzione stessa.
Raccontata in tutte le sue fasi processuali, dagli atti al dibattimento, la vicenda viene ripercorsa nel libro Processo all’articolo 4 con l’accompagnamento di preziosi documenti, necessari per coglierne il contesto (Danilo e i suoi amici verranno scarcerati a fine marzo, il libro uscirà nell’estate dello stesso anno presso Einaudi). Cinquantanove anni dopo, vogliamo ricordare questa fondamentale battaglia della storia repubblicana per affermare la Costituzione come regola vivente e non mera dichiarazione di principio attraverso le parole che fanno da premessa al testo: scritte dallo stesso Dolci, rimasero senza firma per non alimentare ulteriori polemiche che avrebbero oscurato l’impegno collettivo dietro l’intera iniziativa e il libro stesso, ripubblicato da Sellerio nel 2011.
Quasi il rimorso d’essere pettegolo, impietoso, penetra chi si accinge a far opera di documentazione. Si vorrebbe – parrebbe più nutriente, più puro – dire solo il bene, e di tutti. Ma se questa ripugnanza a dire, a vedere, può significare un lasciar continuare ad assassinare, soprattutto i più deboli, allora, consapevole ciascuno della propria corresponsabilità ai mali di tutti, vera carità è affrontare i mali, se pubblici, a carte scoperte.
Di questo processo si è già parlato, e non poco: non tanto perché se ne parli di più se ne pubblicano i documenti, – dagli antefatti, all’istruttoria, ai riflessi politici, al dibattito processuale, – ma per sapere meglio. Gli avvenimenti di Partinico, come d’ogni paese, non sono un episodio isolato: una precisa documentazione d’un singolo avvenimento facilita la conoscenza di tanti altri intorno, intimamente connessi.
A proposito delle prime e delle ultime pagine: nessun fatto si può intendere senza il suo contesto.
Questo non è un libro compiuto: comincerà a compirlo, il libro, ciascuno nella propria coscienza. Queste pagine vogliono essere appunto dati rigorosi su un episodio, uno tra i tanti: vogliono essere un invito ad una privata e pubblica riflessione.
Ringraziamo per la loro collaborazione Franco Alasia, Aldo Costa, Goffredo Fofi, Gianni Marchello e Giuseppe Savagnone.
agosto 1956