«Abitavamo alla frontiera
aiutavamo la gente a passare
ci hanno presi e deportati ad Auschwitz.
L’odore del fumo, delle carni bruciate
quando ci veniva contro era terribile.
Non c’era un uccello.
Il più terribile era vedere i bambini.
Ero ragazzina, con i miei parenti
mia mamma era con me;
di giorno dovevo lavorare da Rampak,
ogni sera tornando da lavoro trovavo
mucchi di cadaveri
vi cercavo se la vedevo.
E quando è morta mi sono sentita contenta
temevo terribilmente che la gasificavano –
quando è morta, non nella camera a gas,
ero contenta.
I pensieri erano corti
non si poteva pensare
pensavo che, se avessi potuto,
avrei pensato dopo».
«Il peggio ad Auschwitz non era lo schifo
il vomito, dormire in tre per panca,
ai fatti ci si può abituare
anche a vedere una massa di gente rapata
anche ai mucchi di cadaveri,
ci si può abituare ad avere attorno la morte.
La tortura continua
era prendere le decisioni.
Quando sono stato arrestato
ero con mio padre,
siamo arrivati in un carro
ammanettati, 24 prigionieri.
Quando ci ha fatto scendere
alla porta del Campo,
d’improvviso ci hanno fatto correre,
sparavano a chi indugiava,
mio padre è caduto,
dovevo fermarmi a raccoglierlo?»
Danilo Dolci, Non sentite l’odore del fumo? da Poema Umano, pp.156, 158-159.