Di seguito riportiamo l’intervento del Presidente del CESIE Vito La Fata sul notiziario “Telegrammi della nonviolenza in cammino” del Centro di ricerca per la pace di Viterbo diretto da Peppe Sini.
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/2010/09/msg00041.html
———————————————————-
Il 2 ottobre l’Onu ed il mondo intero celebrano la Giornata internazionale della nonviolenza, il 2 ottobre ricordiamo il lavoro e l’impegno di persone come Gandhi, Aldo Capitini e Danilo Dolci proprio perche’ dalla memoria di questi uomini di pace possa scaturire l’impegno di ognuno di noi per un mondo piu’ solidale e giusto.
Ma in questa giornata il pensiero deve andare anche a quelle popolazioni e a quelle regioni del mondo che vivono in situazioni di guerra e di violenza, situazioni che negano il diritto stesso alla vita ed alla pacifica convivenza. Proprio per questo oggi piu’ che mai dobbiamo interrogarci, senza cadere nella retorica di frasi e discorsi di circostanza, sul valore della nonviolenza ed il nesso che questa ha con la vita stessa dell’umanita’ e la realta’ che ci circonda.
Cosi’, commemorare questo giorno per promuovere una cultura della pace, della tolleranza, della comprensione, dell’interculturalita’ e della nonviolenza diventa un modo importante per sviluppare nella societa’ civile e nelle istituzioni una coscienza critica, un’attenzione ai metodi pacifici di relazione fra le genti, le culture, le nazioni, sia a livello locale che internazionale.
Lo spirito che anima questa Giornata deve percio’ essere proprio quello di divulgare il messaggio della nonviolenza nei nostri luoghi di lavoro, nelle istituzioni a noi vicine, nelle scuole, tra i giovani e nei luoghi decisionali della politica, una politica che sembra troppo disattenta e lontana dalla messa in pratica di percorsi nonviolenti nell’interesse di ogni cittadino, specialmente di quelli piu’ deboli ed indifesi.
Questa giornata deve spronarci sempre di piu’ a realizzare iniziative educative e formative e a divulgare esperienze particolarmente significative in tale ambito perche’ credere nel valore sociale della nonviolenza significa anche testimoniare queste scelte e attivarsi per svolgere un ruolo di osservatori consapevoli sulle istituzioni.
A questo punto non posso concludere che citando l’attivista nonviolento che in anni bui per la Sicilia ha dato speranze e sorretto i piu’ deboli, cosi’ diceva Danilo Dolci: “a chi obietta che finora nella storia non sono stati possibili cambiamenti strutturali con metodi nonviolenti, che non sono esistite rivoluzioni nonviolente, occorre rispondere con nuove sperimentazioni per cui sia evidente che quanto ancora non e’ esistito in modo compiuto, puo’ esistere. Occorre promuovere una nuova storia” (da Non sentite l’odore del fumo?, Laterza 1971, p. 90).
Informazione e consapevolezza pubblica devono quindi guidare la riaffermazione della rilevanza universale del principio della nonviolenza. Oggi piu’ che mai il nostro deve essere un impegno di testimonianza.
Vito La Fata