Il 20 agosto 1953, Tommaso Fiore scrive a Danilo Dolci inviando una congrua cifra a sostegno della causa intrapresa dal triestino a Trappeto-Partinico in favore degli ultimi – pescatori, contadini, “banditi” siciliani. È l’inizio di un lungo scambio epistolare che durerà fino all’8 luglio del 1970: 50 tra lettere, cartoline, telegrammi, interventi, articoli su quotidiani e riviste, volantini, resoconti.
Questo carteggio rivela un rapporto di profonda stima, amicizia e solidarietà tra due figure centrali per comprendere l’Italia del secondo dopoguerra, dal boom economico degli anni Cinquanta fino ai Settanta. Si muovono sullo sfondo della Guerra Fredda, in un paese dove convivono sviluppo e sottosviluppo, ricchezza e povertà, legalità ed eversione mafiosa, acculturazione e analfabetismo.
Insieme, Fiore e Dolci si battono per l’emancipazione del Mezzogiorno, partendo da una solida formazione umanistica e classica. Dolci accentua il “fare presto e subito”, concentrandosi su analisi, denunce e inchieste, senza trascurare la produzione letteraria e poetica. Fiore, invece, si muove nel solco del meridionalismo classico, attraverso la sua attività di docente, i reportage sulla Puglia e sui paesi dell’Est, e la sua intensa attività giornalistica.
Dialogano con l’autore Amico Dolci, Giuseppe Barone e Raimondo Di Maio.


