Roberto Saviano cita ancora Danilo Dolci

Mag 18, 2012Notizie

Qualche sera fa nel nuovo programma di Fabio Fazio, “Quello che (non) ho“ su La7, Roberto Saviano cita Piero Calamandrei e Danilo Dolci, a proposito dello “sciopero alla rovescia” del 1956: un contributo importante, tanto più che ormai chi volesse veramente approfondire questa figura e il contesto in cui ha operato, trova tutti i suoi libri più importanti dappertutto.

Vi proponiamo una minima rassegna stampa con alcuni links degli articoli integrali; ciò consentirà a chi volesse di approfondire l’argomento ed eventualmente di conoscere o rivedere questo programma.

La Repubblica, Martedì 15 Maggio

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2012/05/14/news/fazio_saviano_programma-35147151

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E ci sono gli imprenditori che a quella liquidità criminale si affidano e sbagliano ma solo perché non sentono la presenza di uno Stato, e quant’è attuale l’arringa che Piero Calamandrei pronunciò nel 1956 in difesa di Danilo Dolci e che Saviano ricorda, “il popolo non ha fiducia nelle leggi perché non è convinto che queste siano le sue leggi. Ha sempre sentito lo Stato come un nemico. Da secoli i poveri hanno il sentimento che le leggi siano per loro una beffa dei ricchi”.

Il Messaggero, Martedì 15 maggio

http://www.ilmessaggero.it/spettacoli/televisione/fazio_e_saviano_la_tv_del_dolore_appello_a_governo_contro_suicidi/notizie/196117.shtml

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Piero Calamandrei – narra Saviano – difese nel ’56 Danilo Dolci che organizzò uno sciopero in Sicilia. «Uno sciopero lavorando – spiega Saviano – perchè così si sciopera dove non c’è lavoro. Dolci e i suoi compagni ricostruirono una strada e furono tutti arrestati. Calamandrei riuscì a farli scarcerare, dicendo che il diritto al lavoro non è solo un diritto ma anche un dovere costituzionale a cui stavano adempiendo Dolci e i suoi».

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Video integrale:

http://unoenessuno.blogspot.it

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Come si può arrestare e individuare il capitale mafioso?

E come può il cittadino, di rovescio, avere fiducia in questo stato che arriva con le cartelle esattoriali?

Saviano ha usato le parole di Calamandrei, al processo in difesa di Danilo Dolci.

Dolci era stato arrestato il 2 febbraio 1956 per aver promosso e capeggiato, insieme con alcuni suoi compagni, una manifestazione di protesta contro le autorità che non avevano provveduto a dar lavoro ai disoccupati della zona: la manifestazione era consistita nell’indurre un certo numero di questi disoccupati a iniziare lavori di sterramento e di assestamento in una vecchia strada comunale abbandonata, detta “trazzera vecchia”, nei pressi di Trappeto (provincia di Palermo), allo scopo di dimostrare che non mancavano né la volontà di lavorare né opere socialmente utili da intraprendere in beneficio della comunità. I principali capi di accusa riguardavano la violazione degli articoli 341 (oltraggio a pubblico ufficiale), 415 (istigazione a disobbedire alle leggi), 633 (invasione di terreni) del Codice penale.

Signori Giudici, che cosa vuol dire libertà, che cosa vuol dire democrazia? Vuol dire prima di tutto fiducia del popolo nelle sue leggi: che il popolo senta le leggi dello Stato come le sue leggi, come scaturite dalla sua coscienza, non come imposte dall’alto. Affinché la legalità discenda dai codici nel costume, bisogna che le leggi vengano dal di dentro non dal di fuori: le leggi che il popolo rispetta, perché esso stesso le ha volute così.

Ricordate le parole immortali di Socrate nel carcere di Atene? Parla delle leggi come di persone vive, come di persone di conoscenza. “le nostre leggi, sono le nostre leggi che parlano”. Perché le leggi della città possano parlare alle nostre coscienze, bisogna che siano come quelle di Socrate, le ” nostre ” leggi.

Nelle più perfette democrazie europee, in Inghilterra, in Svizzera, in Scandinavia, il popolo rispetta le leggi perché ne è partecipe e fiero; ogni cittadino le osserva perché sa che tutti le osservano: non c’è una doppia interpretazione della legge, una per i ricchi e una per i poveri!

Ma questa è, appunto, la maledizione secolare che grava sull’Italia: il popolo non ha fiducia nelle leggi perché non è convinto che queste siano le sue leggi. Ha sempre sentito lo Stato con un nemico. Lo Stato rappresenta agli occhi della povera gente la dominazione. Può cambiare il signore che domina, ma la signoria resta: dello straniero, della nobiltà, dei grandi capitalisti, della burocrazia. Finora lo Stato non è mai apparso alla povera gente come lo Stato del popolo.

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http://antoniogenna.com/2012/05/15/telenews-115-quello-che-non-ho-prima-puntata-fazio-e-saviano-tutte-le-parole-scomode-da-dire-ascolti-da-record-per-la-7-fiorello-piomba-al-tg1-ed-intervista-umberto-tozzi-critica-cosi

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Fazio fa un regalo alla sua generazione e si ricorda di Gianni Rodari, prende in prestito la sua Le parole per alzare il sipario perché se “abbiamo parole per comprare e per vendere, ci servono parole per pensare, per amare” mentre “parole per parlare non ne abbiamo più”. A Saviano di parole gliene basta una per cominciare, entra in studio fra gli applausi e ricorda la parola pronunciata un anno e mezzo fa (su RaiTre) “che fece intervenire l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, era ‘interloquire’, dissi che la ‘ndrangheta cercava di interloquire con tutti i partiti, anche con la Lega, si arrabbiarono tutti, dissero che era inammissibile invece il tesoriere della Lega interloquiva, eccome”.

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http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2012/5/15/QUELLO-CHE-NON-HO-Prima-puntata-il-monologo-di-Roberto-Saviano-su-crisi-economica-e-suicidi-video-14-maggio-2012/279236

Saviano conclude il monologo con le parole di Piero Calamandrei e della sua difesa a Danilo Dolci, per lo sciopero che questi organizzò in Sicilia (manifestazione in cui Dolci con una serie di operai organizzò la ricostruzione di una strada, e venne arrestato). Calamandrei in aula ricorda che il lavoro viene valutato come dovere dalla Costituzione, e aggiunge: “Che cosa vuol dire libertà? La Libertà è la fiducia del popolo nelle sue leggi. Ma il popolo italiano non ha fiducia nelle leggi perché sente lo Stato come un nemico”.

http://www.sellerio.it/it/catalogo/Processo-Articolo/Dolci/4819

Danilo Dolci

Processo all’articolo 4

Lo «sciopero alla rovescia» di Trazzera vecchia e l’arresto di Dolci; gli antefatti, l’istruttoria, i riflessi politici e il dibattito processuale. Ciò che avvenne nelle piazze, nelle camere di polizia, sui giornali, nei tribunali, fu lo scontro sui modi opposti di considerare la legalità in Italia: la Costituzione, come regola vivente dei cittadini, contro la pratica dell’autoritarismo gerarchico, eredità fascista.

Postfazione di Pasquale Beneduce

Il 2 febbraio 1956 Danilo Dolci veniva arrestato mentre guidava un gruppo di braccianti a lavorare nella Trazzera vecchia, una strada nei pressi di Partinico abbandonata all’incuria. Al commissario di polizia che era intervenuto per interrompere quello «sciopero alla rovescia», come venne chiamato, Dolci rispose che «il lavoro non è solo un diritto, ma per l’articolo 4 della Costituzione un dovere: che sarebbe stato, era ovvio, un assassinio non garantire alle persone il lavoro, secondo lo spirito della Costituzione». L’accusa era di occupazione di suolo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale e a Dolci e ai suoi venne negata la libertà provvisoria. L’opinione pubblica allora si mobilitò contro la polizia e il governo Tambroni, deputati e senatori intervennero con interrogazioni parlamentari, le voci più influenti del paese si schierarono a fianco di Dolci. Ciò che avvenne intorno allo sciopero alla rovescia di Trazzera vecchia, nelle piazze, nelle camere di polizia, sui giornali, nei tribunali, fu lo scontro sui modi opposti di considerare la legalità in Italia: la Costituzione, come regola vivente dei cittadini, contro la pratica dell’autoritarismo gerarchico, eredità fascista. Da qui il titolo del libro, che significava che le autorità trascinavano alla sbarra, non tanto il gruppo dei manifestanti, quanto la Costituzione stessa. Pubblicato nello stesso 1956, pochi mesi dopo la condanna di Dolci, Processo all’articolo 4, in quanto cronaca, è un documento prezioso per capire quanto fosse incredibilmente tribolata la strada per affermare la democrazia repubblicana in Italia. Per riflettere su dove saremmo oggi, senza «ribellioni» e «ribelli».
Un instant book scritto nella lingua parlata, che mostra prima di argomentare, che usa il montaggio di pezzi di realtà per denunciare; il cui scopo è prima di tutto in se stesso: schiudere le porte del mondo scritto agli umiliati e offesi del mondo non scritto.

Danilo Dolci (Sesana, 1924-Trappeto, 1997), dopo l’esperienza di Nomadelfia, «la città dove la fraternità è legge», venne a Trappeto vicino a Trapani, iniziando un’instancabile attività di animazione sociale. Tra le sue opere: Inchiesta a Palermo (1957), Spreco (1960), La struttura maieutica e l’evolverci (1996). Con questa casa editrice, Racconti siciliani (2008), Banditi a Partinico (2009) e Processo all’articolo 4 (2011).